venerdì 11 luglio 2014

Irene #4




AA.VV., Irene (distribuito da Hic & Hoc), aprile 2014, brossurato, 152 pagine, bianco e nero, A5, $ 15.

Il nuovo numero di Irene è una jam session tra i suoi curatori con la partecipazione di ospiti a sorpresa. Legata inizialmente al Center for Cartoon Studies, l'antologia statunitense si sta pian piano affrancando dalle sue origini e anche in questa quarta uscita ha il suo punto di forza nella capacità di presentare contenuti eterogenei all'interno di un progetto ben definito. Ma andiamo con ordine, iniziando appunto dalle collaborazioni tra dw, Dakota McFadzean e Andy Warner, che a partire dalla Ten Minutes Break pubblicata sullo scorso numero (qui la recensione), realizzata dai primi due, hanno costruito un modus operandi. Veronica and the Good Guys in "Ain't Pussy Footin!" vede Warner disegnare i personaggi rappresentati nel numero precedente dallo stesso dw, qui autore della storia, creando una sorta di continuity interna: il tratto di Warner, di solito rotondo ma anche realistico, diventa qui cartoon e segue il ritmo di un concerto rock iperviolento, in uno dei migliori lavori del volume. 





I tre mostrano di avere voglia di innovare, cambiare, sperimentare, prendendo in prestito lo stile dell'altro, integrandone i tratti distintivi, come confermano le successive Generals and Gods, del duo McFadzean/dw, e A Dream, opera invece di Warner/McFadzean. Il fatto che dw disegni anche un'altra storia, Walk Like You Mean It, scritta da Power Paola, dà all'antologia una compattezza invidiabile, cui contribuiscono anche gli intermezzi in forma di gag realizzati da Ben Juers e le numerose assonanze tra i diversi episodi. La già citata Generals and Gods condivide infatti con The Dark di Laura Terry il tentativo di uccidere una minacciosa entità, Black Boots di Jackie Roche sceglie il tema presidenziale come Zapruder 313 di Luke Howard, mentre Nyos di Emi Gennis ha in comune con Yellow Plastic di James Hindle l'ambientazione desolata da post-cataclisma. Le due appena citate sono tra le migliori cose dell'antologia: la prima è il pacato resoconto di un evento storico drammatico, la seconda un'opera di fiction intensa, caratterizzata da piccole vignette, disegni spigolosi e una narrazione da racconto americano. 





Non da meno sono Boats del libanese Mazen Kerbaj, altro autore medio-orientale dopo Barrack Rima del numero scorso, capace di giocare con la geometria del fumetto ma anche di romperne gli equilibri con originali raffigurazioni di marinai e creature marine, e Access di Georgia Webber, in cui l'autrice cerca di rappresentare i suoi problemi di voce sin dalla costruzione della pagina. Ultima citazione per due contributi puramente illustrativi, quelli di Amy Lockhart, con una galleria di nudi femminili letteralmente disarticolati, e Carlista Martin, giovane illustratrice di base a Washington, per me una nuova scoperta assolutamente da tenere d'occhio, tra Julie Doucet, arte underground, riferimenti biblici e Mondo hipster.




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