lunedì 28 aprile 2014

Nobrow #9



AA.VV., Nobrow Press, Londra (UK), aprile 2014, 128 pagine, colore, 219 x 310 mm, £ 15.

L'antologia Nobrow è la pubblicazione principale dell'omonima casa editrice londinese, che da qualche anno sta lasciando il segno nella scena europea del fumetto e dell'illustrazione, sia con i suoi libri, tra cui la serie Hilda di Luke Pearson vista anche da noi tramite Bao Publishing, che con le sue numerose iniziative, come il festival Elcaf. Dal sesto numero la rivista è diventata un volume brossurato di oltre 100 pagine diviso in due parti, con tanto di doppia copertina: una metà del libro è dedicata all'illustrazione, l'altra al fumetto. I contenuti della parte fumettistica sono a loro volta divisi tra i lavori di autori che gravitano nell'orbita Nobrow seguendo l'estetica della casa editrice, per grandi linee caratterizzata da disegni "carini", una rappresentazione geometrica della figura umana e un uso raffinato del colore, e alcune guest star che portano una ventata di eterogeneità e freschezza. Nei numeri 6 e 7, sicuramente i più riusciti finora, abbiamo così visto avvicendarsi cartoonist come Joseph Lambert, Brecht Vandenbroucke, Matthew Forsyhte, Michael DeForge, Till Hafenbrak, Kevin Huizenga, John Martz, Jesse Jacobs, Malachi Ward, Ana Albero, Jack Teagle, Paul Paetzel, Tom Gauld, Anders Nilsen, Eleanor Davis, Joost Swarte, Ethan Rilly. L'ottava uscita era invece un po' sotto tono sia per la componente illustrativa che per quella fumettistica e la scelta di puntare su autori emergenti invece che su nomi affermati non aveva pagato come nelle intenzioni degli editor Sam Arthur e Alex Spiro. 

Bianca Bagnarelli

Il nuovo numero, uscito in questi giorni e curato anche da Ben Newman in qualità di art director, è intitolato It's Oh So Quiet e ha come tema centrale il silenzio, che nella metà a fumetti viene ovviamente declinato senza uso di parole. Alcuni dei contributi, questa volta tutti equamente divisi in quattro pagine ciascuno, sono tra le cose migliori mai viste su Nobrow: penso per esempio al racconto iniziale di Jon McNaught, che con la sua atmosfera malinconica e la suddivisione delle vignette non può che ricordare Chris Ware, come a quelli di Bianca Bagnarelli e Arne Bellstorf, entrambi magistrali e ugualmente debitori a Ware, soprattutto per il modo in cui vengono descritti i particolari. Di ottimo livello anche i contributi di Jim Stoten, un vero saggio di creatività grafica iperdettagliata con quel tocco di psichedelia che non guasta mai, di Mikkel Sommer con una storia ironica e piacevole caratterizzata da un tratto piacevolmente off, di Kirsten Rothbart che in poche vignette delinea un bellissimo profilo di una rocker veramente alternativa e infine di Hellen Jo che mette in scena con assoluto cinismo un'invocazione a Lucifero.

Jim Stoten

La parte dedicata all'illustrazione risente invece di un'eccessiva omologazione a quell'estetica del "carino" di cui parlavo prima, che negli ultimi tempi si sta diffondendo in maniera capillare: ne abbiamo avuto e ne abbiamo tuttora esempio in Italia, purtroppo anche in pubblicazioni che venendo dall'underground mi aspetterei formalmente più complesse e aggressive. Il rischio di questa diffusione è quello di annoiare il fruitore, soprattutto per chi come me trova stucchevoli certe soluzioni grafiche. Certo, non è colpa della Nobrow se viene imitata in lungo e in largo, ma forse sarebbe ora che gli editor reagissero proponendo qualcosa di nuovo, in grado di rompere una forma ormai cristallizzata, tenendo anche conto che una cosa è ammirare il lavoro di Jon McNaught o Ben Newman e un altro è quello di avere a che fare con l'imitatore dell'imitatore degli stessi. In questo numero ci sono comunque anche a livello illustrativo contenuti piacevoli e altri che discostandosi dallo stile predominante risultano i migliori del lotto: mi riferisco in particolare alla strana marcia inscenata dall'olandese Merijn Hos, densa di atmosfere tra il surreale e lo psichedelico, e al contributo di Stephen Carcello, che raffigura uno scenario apocalittico ricco di suggestioni narrative.

Merijn Hos

lunedì 21 aprile 2014

Rotland Press



Storie sensazionali e scioccanti, ricche di sofisticato cinismo, crudele creatività e umorismo sovversivo, fatte per divertire ma anche per ricordare la disperazione insita in ogni essere umano. E' questa la missione della Rotland Press, una piccola casa editrice di Detroit guidata dall'editore Ryan Standfest e dal direttore creativo Stephen William Schudlich. Una missione che non ha a che fare soltanto con i fumetti indie dei nostri giorni, dato che gli albi della Rotland sono caratterizzati da riferimenti alla letteratura, alla poesia, all'arte, al cinema e ovviamente ai fumetti del passato. Così, anche se è in gran parte realizzato da artisti contemporanei, ogni libro pubblicato da Mr. Standfest ha uno charme inconfondibile, come se provenisse da un'epoca lontana. Per esempio la serie Rotland Dreadfuls, che ha recentemente raggiunto il decimo numero con Sadistic Comics di R. Sikoryak, è costituita da albi tra le 16 e le 20 pagine dichiaratamente ispirati ai Penny Dreadfuls, gli economici libretti stampati nell'Inghiterra del diciannovesimo secolo e contenenti storie che qualche anno dopo sarebbero state definite pulp. E non è dunque una coincidenza che Cole Closser abbia deciso di adattare per il sesto numero della serie il racconto Bearskin dei fratelli Grimm, utilizzando uno stile squisitamente retrò. Dopo tutto Closser ha già mostrato la sua notevole abilità nel maneggiare mezzi espressivi e tematiche di altri tempi nel suo Little Tommy Lost edito dalla Koyama Press (qui la mia recensione). 


Un altro comic book di questa serie, Birth of Horror di Josh Bayer, guarda a un passato più vicino e ci riporta ai primi anni della Marvel Comics, scegliendo come protagonisti Stan Lee, Bill Everett e Gary Friedrich, con un'apparizione a sorpresa dei Misfits e l'inevitabile cameo di Rom. Le divertenti gag dell'albo, piene di riferimenti alla storia del fumetto, sono scandite dallo stile crudo e al tempo stesso dettagliato dell'uomo dietro l'antologia Suspect Device (date un'occhiata alla campagna Kickstarter per il quarto numero).
La Rotland Press è anche uno spazio dove il padrone di casa Ryan Standfest può esprimere se stesso, come succede nel recente Little Book of Banal Agony, stampato nello stesso formato dei Dreadfuls e con il solito gusto per un crudele humor nero. Little Book è diviso in due parti, Common Causes of Clown Deaths, nella quale dei divertenti racconti sulle rocambolesche disavventure di malcapitati clown sono accompagnati da semplici bozzetti, e Typical Serious Symptoms for Average Males, dove i brevi testi sono invece delle didascalie per illustrazioni astratte a tutta pagina.


Standfest è anche il curatore di Black Eye, un'imperdibile antologia che nei due numeri pubblicati sinora ha ospitato opere grottesche, umoristiche, malate, crudeli, assurde, morbose, sarcastiche e pulp di artisti come Al Columbia, Mark Newgarden, Olivier Schrauwen, Brecht Evens, Ivan Brunetti, Michael Kupperman, Brecht Vandenbroucke, Kaz, Danny Hellman, Ludovic Debeurme, Stéphane Blanquet, Lilli Carré, Paul Paetzel, Frédéric Coché, Julia Gfrörer, Peter Kuper, Benjamin Marra, Ben Jones, David Paleo, Paul Nudd, Onsmith e molti altri ancora. 


La lista è impressionante e diventa quasi incredibile quando si legge il nome di David Lynch, che ha apprezzato il primo numero e contribuito al secondo con la sua arte. Ma Black Eye non è soltanto fumetti e illustrazioni, dato che Standfest ha inserito nell'antologia anche contenuti critici (il primo numero contiene il suo saggio su Al Feldstein e la Ec Comics, oltre a quelli di Jeet Heer su S. Clay Wilson, Bob Levin su The Adventures of Phoebe Zeit-Geist e Ken Parille su Steve Ditko), tributi ad artisti del passato (Roland Topor nel primo numero, l'illustratore messicano Posada nel secondo) e alcuni racconti. Se i Rotland Dreadfuls ricordano le pubblicazioni del diciannovesimo secolo, Black Eye guarda all'inizio del novecento e in particolare a movimenti culturali come l'Espressionismo, il Dada e il Surrealismo. Il terzo numero uscirà probabilmente l'anno prossimo e non è l'unico nuovo progetto, dato che nei prossimi mesi vedranno anche la luce un tabloid dedicato allo stesso Posada, che sarà presentato in occasione di una mostra a Detroit, uno show in stile cabaret basato su un libretto intitolato Novus Manualis, a Handbook for the New Man e lo Street Folly Print Stall (A Portable Rotland Press), uno spazio modellato sugli stand portatili diffusi a Londra e a Parigi nel diciottesimo e diciannovesimo secolo, creato per esibire e vendere i libri della casa editrice in strada e in alcune istituzioni.

sabato 19 aprile 2014

Il potere sovversivo della carta



a cura di Sara Pavan, Agenzia X, Milano, marzo 2014, brossurato, 288 pagine, illustrato in b/n, 16 euro.

"Dieci anni di fumetti autoprodotti in Italia" è il sottotitolo di questo libro uscito a marzo per Agenzia X e curato da Sara Pavan, classe 1981, già nota non solo come fumettista ma anche come membro del collettivo Ernestvirgola e curatrice dell'area autoproduzioni del Treviso Comic Book Festival. Con una prefazione di Davide Toffolo e una postfazione di Daniele Brolli, il volume raccoglie dodici interviste ad altrettanti autori che hanno recentemente caratterizzato il cosiddetto fumetto alternativo della nostra penisola. I racconti, le idee, le esperienze di vita si intrecciano tra loro creando una sorta di storia orale, un ipertesto in cui il lettore può scegliere ciò che più gli interessa, ricordando letture già fatte in passato e prendendo spunto per nuove scoperte. Ogni intervista ha un qualcosa che la rende significativa, grazie anche allo stile fluente adottato dalla Pavan, in grado di rendere la lettura sempre avvincente e piacevole. Così Andrea Bruno constata l'eccessiva attenzione agli aspetti esteriori e promozionali del fumetto indie nostrano a scapito del lavoro sul segno e sulla narrazione, Alessandro Baronciani cita tra le sue fonti di ispirazione l'ormai storica fanzine Abbestia di Andrea Pomini, Giulia Sagramola ci riporta all'alba dei web-comic in Italia con il suo Milk and Mint, Francesco Cattani riflette sull'effettiva utilità degli editori, Tuono Pettinato offre una bella panoramica della scena bolognese, Roberto La Forgia racconta la sua adolescenza nella provincia barese delineando i contorni di una formazione fumettistica che coinvolge imprescindibilmente il fratello Pasquale e Alessandro Tota. Anche l'autore di Yeti e Fratelli è uno degli artisti qui intervistati e la sua storia è una di quelle più interessanti, dato che racconta la partenza da Bari alla volta di Bologna, l'esperienza dell'Accademia di Belle Arti, dove viene coinvolto nel collettivo di Canicola (citato in lungo e in largo per tutto il libro), e infine la scelta di Parigi e l'incontro (casuale) con Robert Crumb. 


Altre storie sono quelle di Zerocalcare, con la sua ormai particolarissima dimensione divisa tra il mondo dei centri sociali e il successo di massa, MP5 che ribadisce l'importanza dell'autoproduzione come scelta di vita, Amanda Vähämäki che allarga gli orizzonti offrendoci un quadro non solo della sua vita di madre e artista ma anche della vivace scena finlandese, Romina Pelagatti che ci aggiorna sulla colonia di fumettisti italiani a Parigi e sul suo progetto Papier Gaché e per finire il collettivo Strane Dizioni che illustra le meraviglie della serigrafia.
Ogni sezione è accompagnate da alcune tavole, che hanno la funzione principale di dare un'idea dello stile degli autori a chi ancora non li conosce. Interessanti anche le appendici, con una riflessione sulla censura a opera della stessa Pavan, un articolo di Emanuele Rosso sul fumetto autoprodotto nell'era pre-internet e un'intervista al lettore Alberto Choukhadarian, che ringrazio per avermi mandato una copia del libro. 
Magari un po' di contestualizzazione in più non avrebbe guastato, soprattutto nel disegnare un quadro generale della scena italiana e nella presentazione dei singoli autori, di cui è sì disponibile una bibliografia essenziale ma che sarebbe stato meglio introdurre con una piccola scheda biografica e artistica. Anche l'appendice Self Publishing curata da Michele Ginevra si riduce a una semplice lista di collettivi e testate, senza nemmeno una scheda o dei link ai rispettivi siti web. Nonostante questi piccoli dettagli, Il potere sovversivo della carta rimane una lettura piacevolissima e una miniera di informazioni. In questi giorni l'autrice sta girando l'Italia per presentarlo e se volete essere aggiornati su un eventuale passaggio dalle vostre parti potete dare un'occhiata al blog o alla pagina Facebook dedicati al libro.

martedì 15 aprile 2014

Still Without Name #2



Still Without Name, per gli amici SW/ON, è una fanzine stampata in Lituania dalla Kitokia Grafika Press grazie a una RISO RC5600, uno strumento retrò ma anche ecologico, dato che si serve di inchiostri a base di soia e di impianti realizzati con carta di banana, oltre a produrre pochi rifiuti e ad avere un basso consumo energetico. L'utilizzo di questa tecnologia, in grado con le sue imperfezioni di creare nuove imprevedibili combinazioni tra le idee e la carta stampata, ha influenzato il tema di questo secondo numero dell'antologia lituana, incentrato sulle "macchine sperimentali".
La gran parte degli artisti pubblicati in questo numero di SW/ON vengono dall'est Europa, come la polacca Renata Gąsiorowska, qui in una versione lo-fi rispetto a come l'avevamo vista nel mini kuš! #21 ma comunque brillante nel mostrarci il complicato funzionamento di un macchinario dallo scopo in realtà semplicissimo. La bassa fedeltà è d'altronde il comune denominatore dell'antologia, che è costituita da disegni in bianco e nero spesso appena abbozzati, di cui un ottimo esempio è la simpatica storia di una pagina di Arūnas Liuiza, tratta dalla sua serie Birdsonwire. In questo manifesto della semplicità tipografica troviamo anche dei lavori che si distinguono non solo per le idee ma anche per la raffinata realizzazione. Cito in particolare, perché una spanna sopra gli altri, i contributi di Anna Krztoń con tre tavole su una città posseduta dalle macchine, del genovese Alessandro Ripane, che si conferma un astro nascente del nostro fumetto, e soprattutto di Milena Simeonova. Il suo contributo, già visto nel quarto numero dell'antologia bulgara Co-mixer, dimostra preziosa bravura nel difficile compito di tradurre graficamente i concetti di eco e risonanza, anche se in questa versione sono state invertite due pagine: quindi mi raccomando, se vi capita a portata di mano SW/ON #2, leggete prima pagina 4 e poi pagina 3 del suo Resonance.


mercoledì 9 aprile 2014

Koyama Press Special Part 2: Very Casual, Journal & Little Tommy Lost




Proseguo e concludo con notevole ritardo il mio speciale sulle uscite del 2013 della Koyama Press (qui la prima parte, in cui ho parlato di Blobby Boys di Alex Schubert e di Everything Takes Forever di Victor Kerlow), sperando che questa rassegna possa servire almeno da antipasto per il nuovo programma editoriale, che avrà inizio a maggio in occasione del Toronto Comics Arts Festival con tre nuovi titoli, A Body Beneath di Michael DeForge, Safari Honeymoon di Jesse Jacobs e Cat Person di Seo Kim. In questo caso cercherò di essere breve, sintetizzando gli aspetti che più mi hanno colpito di volumi che sono usciti ormai da diversi mesi.
Iniziamo questa rassegna con Very Casual di Michael DeForge (Maggio 2013, 152 pagine, b/n e colore, $15 Cdn), raccolta che in 152 pagine ci mostra tutto il campionario artistico del cartoonist canadese, mettendo insieme strisce, illustrazioni e fumetti in gran parte già pubblicati su albi singoli, riviste e antologie. Protagonista in Very Casual è l'ossessione di DeForge per ciò che i situazionisti chiamerebbero il détournement dei corpi, umani o animali, trasformati in una sorta di blob grazie a uno stile sinuoso e a volte morbosamente horror. 




Ecco dunque che un essere nero e molliccio diventa una regina sexy attraverso gli accessori più imprevedibili, due punk iniziano a mutare dopo aver mangiato una fetta di carne tagliata da un pupazzo di neve, uno strano video(drome) mette in relazione il sensuale corpo di una donna con quello del suo spettatore. La fantasia grafica di DeForge non ha limiti e raggiunge in alcune illustrazioni momenti del tutto visionari. Tra i vari ed eterogenei contenuti  il piatto forte rimane un racconto già uscito per la stessa Koyama Press e cioè All About the Spotting Deer, una sorta di documentario, tutto a colori, su una strana specie di cervo che è una successione senza fine di trovate narrative e grafiche. Very Casual è un grandissimo libro.




Sempre al Toronto Comics Arts Festival, ma questa volta per Drawn & Quarterly, uscirà il nuovo libro di Julie Delporte, Everywhere Antennas, seguito di Journal, scritto originariamente in francese e tradotto in inglese da Koyama. Come Very Casual, avrei senz'altro inserito Journal (Maggio 2013, 184 pagine, colore, $20 Cdn) nella mia lista dei migliori fumetti dello scorso anno se ne avessi fatta una, dato che questo diario autobiografico, ambientato tra Montreal e il Vermont, di una lenta separazione sentimentale è quanto di più toccante abbia letto di recente. 
La narrazione è dettagliata, le frasi brevi ed efficaci, le riflessioni profonde, i ricordi del passato commoventi, e andando avanti sembra quasi di conoscere l'autrice, grazie anche ai disegni, che attraverso l'utilizzo di matite colorate e figure essenziali richiamano l'infanzia creando un'atmosfera calda e familiare. Ho trovato particolarmente interessante come le vicissitudini personali si uniscono indissolubilmente al racconto del processo creativo che permette di dare forma ai pensieri. E alla fine, chiusa l'ultima pagina, siamo noi ad aver colto i frutti di questa crescita personale e artistica.




Chiudo questo rassegna sulla Koyama Press con Little Tommy Lost di Cole Closser (Settembre 2013, 72 pagine, b/n e colore, $15 Cdn). Meno conosciuto rispetto agli altri due, Closser, diplomato al Center for Cartoon Studies di White River Junction, è un astro emergente del fumetto contemporaneo che sa guardare alla tradizione. La sua prima uscita di una certa importanza è una fantomatica raccolta di newspaper strip, con tanto di pagine domenicali a colori, ispirata ovviamente a Little Orphan Annie di Harold Gray. L'idea non è nuovissima ma il modo in cui viene realizzata è estremamente efficace e piacevole. Le strisce sono riprodotte su una carta scura che ricorda proprio quella dei quotidiani. Anche lo stile narrativo è fedele alla forma scelta da Closser, che sviluppa la storia del piccolo Tommy con quella ripetitività tipica delle strip, come se l'autore avesse il compito di ricordare la trama generale al lettore occasionale che sfoglia il quotidiano sul treno o al bar. Le strisce domenicali sono invece lo spazio in cui Closser scatena la sua fantasia, divagando dal tema principale e lasciandosi andare a riuscitissime sperimentazioni grafiche, che ricordano per lo più Winsor McCay. 




La storia guarda ancora più indietro e cioè alla narrativa ottocentesca, a cui Closser si è ispirato anche per l'adattamento di Bearskin dei Fratelli Grimm, uscito per la Rotland Press (ne parlerò in un prossimo post). Little Tommy Lost è infatti una storia tipicamente alla Dickens, in cui il piccolo Tommy viaggia dal Missouri alla grande città con i genitori e si perde nel caos. Trovato da un poliziotto, viene portato in una casa per orfani, che in realtà non è nient'altro che una fabbrica governata dallo spietato Mr. Greaves. Non vi anticipo i dettagli dell'intreccio, incentrato principalmente sui rapporti di Tommy con gli altri orfani e sui suoi tentativi di fuga, ma vi posso dire che la storia avrà un seguito in un secondo volume con una nuova e intrigante ambientazione.



lunedì 7 aprile 2014

Novità da Lök Zine


I ragazzi di Lök Zine stanno per pubblicare il prossimo 25 aprile il quinto numero della loro rivista, che dietro una bella copertina di Philip Giordano presenterà secondo l'ormai collaudato schema fumetti, racconti e illustrazioni di una serie di autori emergenti, per lo più italiani, oltre a un mini-comic a colori realizzato da Salvatore Giommarresi. Negli scorsi mesi il team di Lök, composto da Elisa "Lois" Caroli, Chiara Faggiano, Lucia Manfredi, Jacopo Oliveri "Fatomale" e lo stesso Giommarresi, ha scelto con una open call i contributi per la loro nuova fanzine e gli artisti selezionati sono stati annunciati in un'antologia digitale messa on line da qualche giorno e scaricabile gratuitamente a questo link con il metodo Pay With a Tweet. Il pdf raccoglie in 62 pagine il meglio del materiale pubblicato finora su Lök. E il fatto che le cose migliori si siano viste nel quarto numero, intitolato Cicli e in cui spiccano i lavori di Matteo Farinella, Andrea Chronopoulos, Nathalie Cohen e Alessandro Ripane, lascia ben sperare per l'ormai imminente nuova uscita.

giovedì 3 aprile 2014

Egg



di Amy & Oliver Murrell, Wobbly Rock, Brighton (UK), dicembre 2013, brossurato, 32 pagine, colori, 20 x 28 cm, £ 10.

Dopo Wicked Chicken Queen di Sam Alden, di cui ho parlato qualche giorno fa, mi trovo a trattare nuovamente l'insolita associazione tra uova e fumetti. Egg è l'opera prima dei coniugi inglesi Amy e Oliver Murrell, che in quel di Brighton hanno dato vita non solo a un elegante libro illustrato ma anche a una nuova etichetta indipendente, la Wobbly Rock. Ho detto libro illustrato perché in effetti Egg è da classificarsi come tale più che come fumetto, trattandosi di un albo brossurato di grande formato con illustrazioni a tutta pagina accompagnate da un breve testo che richiama le fiabe popolari e i miti della creazione. E se anche sotto questo aspetto l'associazione con il libro di Alden ci può stare, il tono e lo stile del racconto vanno in tutt'altra direzione. Amy Murrell ha elaborato un testo essenziale, quasi laconico, mentre suo marito Oliver ha seguito i layout di Amy creando una serie di illustrazioni che mescolano la china al digitale. La fusione tra testo e disegni risulta efficace, come d'altronde la scelta della carta, proveniente da "risorse responsabili", e della colorazione dominante, tendente a un marrone-verde scuro. Aprire Egg è come trovarsi in una foresta, catapultati immediatamente nel tema centrale della storia, cioè il rapporto tra uomo e natura. 


Un uomo-uovo (nessun riferimento ai Beatles di I am the Walrus, o almeno credo...) si risveglia da un sogno ed esce dalla caverna sotterranea in cui si trovava. Viene portato dagli uccelli nel bosco e lì, dopo essere stato ospitato in un nido, riesce a rompere il suo involucro e a diventare umano, come se avesse finalmente terminato un rito di iniziazione. Il suo aspetto esteriore è simile a quello di un indigeno dell'America Meridionale o di un aborigeno australiano. Quando arriva in città, una Londra in parte devastata, incontra altri uomini-uovo, ancora nei loro involucri e pertanto incapaci di vivere appieno le proprie potenzialità di essere umani. Non vi anticipo il finale né altri dettagli della storia, la cui lettura è abbastanza chiara. 


La presenza di un messaggio forte, per quanto condivisibile, rappresenta per me una grossa barriera quando mi avvicino a un fumetto o a qualsiasi altra opera artistica, ma devo dire che in questo caso i due autori sono stati bravi a non far diventare Egg un pamphlet, lasciando al lettore la possibilità di svolgere un proprio percorso tra le diverse sfaccettature del racconto e disseminando qua e là degli elementi misteriosi e suggestivi (il sogno da cui si sveglia il protagonista, gli strani esseri che si avvicinano all'uovo quando si schiude, la devastazione di alcune aree metropolitane). 
A livello grafico si nota a volte che si tratta di un'opera prima, dato che alcune soluzioni, soprattutto nella parte iniziale, sono abbastanza elementari, ma lo stile diventa progressivamente più curato fino a raggiungere i risultati migliori nel finale (le pagine ambientate in città sono senz'altro le mie preferite).
Egg è il primo di una serie di libri editi dalla Wobbly Rock, che inizialmente si dedicherà alla pubblicazione del materiale dei due editori (ci sono già altri tre progetti in cantiere) per poi valutare la possibilità di aprire le porte ad altri artisti. Ovviamente auguro tutto il bene possibile a questo bel progetto.

martedì 1 aprile 2014

Random news from the Usa



Ho già scritto delle novità di questo 2014 nel mio Best del nuovo anno e nel recente Random news from all over the world, ma adesso torno sullo stesso tema per aggiungere qualche notizia dagli Usa che è stata diramata in queste ultime settimane o che ho dimenticato di menzionare in precedenza. Nel mio ultimo post ho sicuramente tralasciato la fantastica line-up della Hic & Hoc per il nuovo anno, di cui ero già a conoscenza da qualche tempo. Se non l'avete già letto da qualche altra parte, la Hic & Hoc inizierà le sue attività in primavera con la distribuzione della ristampa del volume di Alabaster Mimi and the Wolves Act 1 e del quarto numero della splendida antologia Irene, curata da dw, Dakota McFadzean e Andy Warner (ho recensito il terzo numero qui). Per quanto riguarda i libri editi proprio dalla Hic & Hoc, quest'estate sarà la volta della raccolta di Scaffold, l'affascinante fumetto realizzato da V.A. Graham e J.A. Eisenhower, mentre usciranno in autunno Infinite Bowman, un imperdibile volume di 144 pagine con la raccolta delle storie del Bowman di Pat Aulisio, e un nuovo comic-book di 24 pagine a opera di Noah Van Sciver, Cheer Up.


A proposito di mister Van Sciver, dopo aver pubblicato due sketchbook per la Tinto Press, adesso sta facendo uscire per l'Adhouse Books una raccolta di storie brevi, prese dalla sua serie Blammo e da alcune antologie: Youth is Wasted, di cui si può già leggere una previewsarà sugli scaffali a giugno. La stessa Adhouse Books ha un'interessante programma per il 2014, che include Operation Margarine di Katie Skelly, in uscita ad aprile in occasione del Mocca Arts Fest, la convention annuale organizzata a New York dalla Society of Illustrators. Qui potete leggere la lista dei fumetti che saranno presentati in questa occasione, mentre qui e qui trovate tutto il programma degli incontri organizzati il 5 e il 6 aprile dal programming director Bill Kartalopoulos.


Tra i libri che debutteranno al Mocca ci sono anche due nuove pubblicazioni della Secret AcresAngie Bongiolatti, seguito di Troop 142 sempre ad opera di Mike Dawson, e Memory Palace, un art-book in cui Edie Fake, conosciuto soprattutto per il suo Gaylord Phoenix, esplora posti reali e immaginari della storia queer di Chicago (sopra un'immagine tratta dal libro). Concludo questa lista menzionando la campagna Kickstarter di Studygroup, editore e sito web guidati da Milo George e Zack Soto. Dato che i primi due numeri erano davvero notevoli, mi aspetto grandi cose soprattutto dal terzo numero di Studygroup Magazine, con fumetti e illustrazioni di Jim Rugg, Sophie Franz, Connor Willumsen, Trevor Alixopulos, Mia Schwartz, Kim Deitch, Chris Cilla, Malachi Ward, Ben Max Urkowitz, Julia Gfrorer e Pete Toms, i soliti contenuti critici e un'esclusiva sezione 3D.