Inizio con questo post un recupero delle uscite del 2013 della canadese Koyama Press, che finora ho colpevolmente tralasciato, fatta eccezione per la recensione di Lose #5 di Michael DeForge. La Koyama è al momento una delle migliori case editrici sul mercato e in questo 2014 è destinata a confermare questo titolo, dato che ha presentato un programma editoriale interessantissimo, a cui ho già accennato qui.
Blobby Boys è la raccolta di alcune storie di Alex Schubert già viste online o in altri comic-book, più qualche inedito. Classe '83, Schubert è un assiduo collaboratore di Vice.com, lavora nell'animazione e ha creato una linea di toys ispirati ai suoi fumetti. La colorazione delle pagine, il sarcasmo a volte brutale che caratterizza i dialoghi e l'utilizzo di personaggi ricorrenti così ben definiti da risultare caricature di se stessi possono a prima vista ricordare alcune cose di Daniel Clowes, da cui tuttavia Schubert si differenzia a livello contenutistico, a partire da un universo narrativo che è ben più ancorato al presente rispetto ai riferimenti vintage e retrò dell'autore di Ghost World. Inoltre la verbosità dei personaggi di Clowes è qui sostituita da uno stile asciutto, che dimostra piena padronanza del mezzo espressivo e in cui a spiccare è la battuta icastica, che pone fine in modo inaspettato alla storia prendendosi gioco delle convenzioni. Schubert sa realizzare storie semplici e brevi, in cui anche una pagina, una striscia o una sola frase contribuiscono alla creazione di un universo narrativo.
Protagonisti principali sono i Blobby Boys, una band musicale dalle fattezze aliene dedita alla droga e se necessario all'omicidio. Come ha suggerito lo stesso cartoonist in una recente intervista, i Blobby Boys sono un gruppo di nichilisti e se a questo aggiungiamo che la componente fondamentale delle gag dei suoi fumetti è il nonsense, potremmo definire il suo stile nonsense nichilista. Altri personaggi dello Schubert-universo sono il Cyber Surfer ("I'm a strong robot, and I like to surf" è il suo motto), l'Aging Hipster che cerca disperatamente di essere alla moda, il Punk Dad, la band "sperimentale" The Spoiler, il critico d'arte (e qui il richiamo a Clowes è inevitabile) che per rendersi la vita più semplice ha scelto di stroncare tutto ciò che recensisce tanto alla fine "fa tutto schifo" e la Zine Police, una sorta di polizia che controlla e se necessario censura tutte le fanzine che vengono pubblicate. Blobby Boys è un libro assolutamente consigliato, come tutto ciò che sta creando il suo autore.
Se, come abbiamo detto, la cifra stilistica di Schubert è il nonsense, i fumetti di Victor Kerlow sembrano sogni ad occhi aperti in cui il confine tra realtà e immaginazione è a volte inesistente. Anche nella sua raccolta Everything Takes Forever troviamo dei personaggi ricorrenti, su tutti Taco-Head, come suggerisce il nome un uomo con la testa di taco, protagonista di alcune divertenti gag. Il tratto di Kerlow, illustratore ben conosciuto negli Usa e collaboratore tra le altre testate del New York Times e del New Yorker, a un'occhiata superficiale può sembrare poco definito ma basta guardarlo con attenzione per notarne la raffinatezza, soprattutto nel delineare la figura umana. Anche l'uso della tecnica ink-wash, preponderante in Weird Things, Downstairs, è un tocco di classe che arricchisce il bianco e nero delle tavole. Purtroppo a livello narrativo le sue storie non sono sempre ben focalizzate e la più lunga del lotto, Little Guy, ne è l'esempio più evidente. Sembra che l'approccio libero e molto "stream of consciousness" utilizzato da Kerlow per creare i suoi fumetti sia per ora più un limite che una cifra stilistica, ma la tecnica di disegno e alcune ottime storie brevi qui pubblicate bastano a rendere Eveything Takes Forever una lettura piacevole e fanno ben sperare per il futuro, a partire dalla nuova raccolta di Kerlow, Bad Party, uscita in questi giorni per la Future Shock Empirical.
Nessun commento:
Posta un commento